povertà alimentare
in diocesi di Milano
povertà alimentare in diocesi di milano
Può sembrare strano parlare di povertà oggi a Milano e lo è ancora di più se pensiamo che i poveri possano essere dei bambini, dei ragazzi e i più giovani per i quali l’infanzia non coincide sempre con la serenità che questa fase della vita dovrebbe avere.
Parliamo di povertà intesa nel senso più ampio del termine: povertà nel poter consumare cibo di qualità e in maniera regolare, povertà nel poter avere uno stile di vita sano, povertà nel poter condurre attività sportive. Una povertà che si definisce multidimensionale e che, nella sola città di Milano, coinvolge circa 21.000 minori che vivono in contesti familiari bisognosi e in quartieri dove a fare la differenza può essere solo la rete di assistenza e di supporto sociale che si viene a creare grazie al lavoro, prezioso e puntuale, delle realtà del Terzo Settore come Caritas Ambrosiana.
Sempre più spesso i centri di ascolto incontrano famiglie con bambini in condizioni di fragilità, alle prese con uno stato di deprivazione che dalla sfera materiale si estende quasi sempre a quella affettiva, sociale ed educativa. Non è un mistero che succeda anche in Lombardia e che questa povertà sia purtroppo in crescita. Secondo l’Istat in Italia i minori in povertà assoluta sono circa un milione e 292mila.
Ma dove vivono questi bambini? Facile pensare alle periferie più degradate, ai campi nomadi. Meno scontato scoprire che anche nei quartieri di una città come Milano si stia infiltrando silenziosamente una povertà insospettabile. Non si tratta dell’indigenza di chi tende la mano all’angolo della strada, ma di un bisogno che costringe anche famiglie italiane a rivedere i conti della spesa alimentare, a diradare o talvolta a sospendere gli acquisti di prodotti di buona qualità e a impoverire la dieta alimentare dei propri figli. Con conseguenze talvolta preoccupanti a media e lunga scadenza sulla crescita psicofisica dei bambini. Questo quadro appare ancor più paradossale in un Paese come il nostro che fa dell’eccellenza alimentare uno dei suoi spot più convincenti e in cui contemporaneamente si sprecano ogni anno tonnellate di cibo (nel mondo si sprecano oltre 1,2 miliardi di tonnellate di cibo).
Attualmente a Milano, un minore su dieci vive in una condizione di povertà assoluta. I dati tratteggiano una città dove circa il 90% dei nuclei familiari con minori raggiunti da almeno una misura di sostegno al reddito è sotto la linea di povertà assoluta. Secondo l’ultimo report, realizzato dall’Osservatorio diocesano sulle povertà e delle risorse di Caritas Ambrosiana, la maggioranza di chi chiede aiuti alimentari è costituita da donne, poco più un terzo da italiani (34,1%).
Il 54% afferma di essere disoccupato, l’altra metà dichiara di avere un reddito insufficiente pur lavorando a tempo pieno. Il fatto che nel cuore di Milano in tre famiglie italiane su dieci emergano situazioni di alimentazione non completa, pur con declinazioni diverse, non può che suscitare interrogativi sulle conseguenze dello stato di salute dei bambini. In una recente ricerca dell’Università Cattolica si spiega che «più precocemente la povertà colpisce il processo di sviluppo e più dannosi e durevoli sono i suoi effetti nel corso degli anni». Le carenze nutrizionali hanno conseguenze per quanto riguarda lo stato conoscitivo- funzionale, lo sviluppo del cervello, la sfera emotiva e comportamentale, l’asma e le malattie respiratorie e la salute dei denti. In questa situazione in cui si attende ancora una vera ripresa economica è necessario che istituzioni, scuola e terzo settore collaborino per diffondere criteri educativi ed alimentari più razionali. Serve una cultura che riesca a combattere la logica dello spreco, in un ottica di sviluppo integrale dell’uomo e del pianeta attraverso comportamenti e azioni virtuose finalizzate a ridurre radicalmente gli sprechi.
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